Laurel Hubbard sarà la prima atleta transgender a partecipare alle Olimpiadi. È stata selezionata per i Giochi Olimpici in programma a Tokyo dal 23 luglio all’8 agosto 2021 nella squadra femminile di sollevamento pesi della Nuova Zelanda. Grande gioia per l’atleta, nata di sesso maschile, ma passata 13 anni fa a quello femminile.
Il 2 agosto a Tokyo in Giappone, l’atleta neozelandese di 43 anni gareggerà per una medaglia nella categoria 87 chilogrammi femminile di sollevamento pesi, dove sarà la più anziana.
Le linee guida del Comitato Olimpico permettono a qualsiasi atleta transgender di competere a livello femminile, a patto che i livelli di testosterone (l’ormone della categoria degli androgeni) siano inferiori alla soglia richiesta, per almeno 12 mesi prima delle gare. Questi valori sono ancora più rigidi nell’atletica. Infatti, la mezzofondista Caster Semenya si è rifiutata di abbassare i valori con i farmaci, rimanendo così esclusa dagli 800 metri.
Il primo ministro samoano Malielegaoi non ci sta: “Quello è un uomo e tra gli uomini deve gareggiare”. La collega Tracey Lambrechs commenta: “Siamo tutti a favore della parità di diritti, ma se un soggetto di 43 anni biologicamente maschio viene autorizzato a vincere le Olimpiadi quanti uomini in futuro cambieranno genere per rubare il podio a noi donne? Sarebbe più corretto assegnare due medaglie”. La belga Anna Vanbellinghen rincara la dose: “E’ una barzelletta di cattivo gusto”. Contrari anche i comitati olimpici australiani, di alcuni Paesi dell’Est e del Camerun che sottolineano (infelicemente) come da loro il cambio di sesso sia ancora considerato un reato penale.
Kereyn Smith, CEO del Comitato Olimpico della Nuova Zelanda, ha dichiarato invece a nome di tutto il comitato: “Riconosciamo che l’identità di genere nello sport è una questione molto delicata e complessa che richiede un equilibrio tra i diritti umani e l’equità sul campo di gioco” ma le indagini svolte hanno sottolineato che la Hubbard soddisfa i criteri di ammissibilità sia della Federazione Internazionale di Sollevamento Pesi, che del Comitato Olimpico Internazionale.
“Come Nuova Zelanda, abbiamo una forte cultura orientata al ‘manaki’ (rispetto) e all’inclusione per tutte e tutti”, dice la squadra della Nuova Zelanda. Nelle prime dichiarazioni dell’atleta, infatti, traspare tutta la sua gioia ed emozione: “Sono grata ed emozionata per la gentilezza e il sostegno che tanti neozelandesi mi hanno mostrato”.