«La mancanza di contatto fisico può incidere negativamente sull’umore, influenzare i ritmi del sonno e il nostro rapporto con il cibo, fino alla depressione. Al contrario, la vicinanza pelle a pelle ci rende vivi e rinforza il sistema immunitario». Sono le parole di Paola Medde, Psicologa e Psicoterapeuta.
Queso lockdown ci ha tolto i baci, le carezze, strette di mano, tutti i gesti di affetto fondamentali per le nostre vite e anche per la nostra sopravvivenza. Metri di distanza e tecnologie su tecnologie che regolano le nostre relazioni.
Per noi umani però l’essere in contatto fisico è un bisogno primario, fondamentale come l’aria che respiriamo:
«Questo bisogno di vicinanza nasce insieme all’essere umano, è primordiale. Viene percepito anche da un neonato dai primi mesi di vita”
Questa lontananza da contatto oggi prende il nome di “skin hunger”, che significa “fame di pelle“. La privazione della pelle dell’umano, del contatto fisico infatti ha un effetto negativo anche sulle nostre emozioni, sul nostro umore, può influenzare i ritmi sonno-veglia, il nostro rapporto con l’alimentazione e creare stati emotivi molto dolorosi, come ansia e depressione.