“È un errore enorme trasformare Silvia Romano in un mostro, guardando al suo corpo come se si trattasse del terreno sul quale combattere lo scontro di civiltà. […] Non le perdonano che non odi i suoi carcerieri. È un fatto che li scandalizza. Perché loro odiano tutto, forse pure se stessi. Così si precipitano all’attacco, anche vile”.
Queste sono le parole della scrittrice Dacia Maraini in difesa di Silvia Romano. A seguito si svariati commenti, discriminazioni e umiliazioni sul web per la ragazza la scrittrice non ha più resistito nel portare il suo parere. Stiamo parlando di un odio estremo privo di lucidità quello che molti cittadini italiano hanno messo in atto.
Ecco cosa ci dice Dacia Maraini in un intervista di Nicola Mirenzi per Huffpost:
“Un bisogno di interiore di dare alla propria vita un respiro. Sentire la forza di un vento capace di farla volare via di lì. Fuggire dai propri aguzzini. Le hanno dato un Corano. Lo ha letto. Dice che in quelle parole ha incontrato la fede. Chi siamo noi per condannarla? Credere è un atto d’amore. E l’amore è una creatura misteriosa, che irrompe in maniera imprevedibile. Non si può trattare come una colpa“, riflette la grandissima scrittrice italiana.
“Non si può essere liberi, nemmeno spiritualmente, quando si è nelle mani dei propri carcerieri. Io non lo ero. Provi una tale condizione di terrore, angoscia, provvisorietà, che non c’è bisogno che nessuno ti ordini nulla per obbedire. Silvia è stata in questa condizione per mesi. Non sapeva cosa avrebbero fatto di lei. Se l’avrebbero uccisa, picchiata, oppure stuprata. La religione può esserle apparsa come una salvezza. L’unica che aveva”, spiega Dacia Maraini che ha vissuto la drammatica esperienza della prigionia sulla sua pelle. “Sono stata prigioniera anche io, per due anni, in un campo di concentramento giapponese”, racconta la scrittrice.