Il presidente onorario dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini afferma che “le parole ci aiutano a capire chi siamo e il mondo in cui viviamo. In Italia non è la lingua a godere di poca salute, ma quelli che la parlano. Difficile correggere gli errori negli adulti, la chiave è a scuola nella formazione dei docenti”
E’ recente la diffusione dei dati delle prova Invalsi, che hanno messo in evidenza nuovamente i problemi dell’istruzione in Italia. Si denota che un ragazzo su 3, alle medie, non riesce a comprendere un testo scritto.
Ad essere deficitario è il sistema formativo, l’insegnamento dell’italiano in Italia è complicato perché la nostra storia formativa è reduce da larghe masse di analfabetismo.
E’ necessario che l’insegnante comprenda nuovi meccanismi di insegnamento. Vi sono due grandi ostacoli, le grandi masse dell’analfabetismo passato e la presenza marcata dei dialetti.
Il problema del dialetto è presente soprattutto nel Mezzogiorno, ormai da secoli. Francesco afferma che ha lavorato ad alcune indagini sulla diffusione di tipografie in Italia nel 1400 e nel 1500. Da Roma in su erano presenti ben il 90 per cento delle tipografie, soltanto il 10 per cento al Sud. Questo implica che vi sia stato maggiore insegnamento di italiano al Nord piuttosto che al Sud. Il tutto è a conferma sull’oscurantismo del Regno di Napoli e del Regno delle due Sicilie.
E’ importante che il docente di lettere studi a fondo la linguistica italiana prima di insegnarla. La linguistica italiana non è solo storia della letteratura, si trattano di due cose ben diverse. Le nostre università sino a qualche tempo fa non possedevano insegnamenti linguistici, ma solo letterari.
Ad oggi gli adulti sono molto impegnati nelle faccende di vita quotidiana e questo distoglie dall’impegno e dall’investimento per lo studio dell’italiano. Si preferisce ad oggi, per fini lavorativi, studiare l’inglese e tralasciare la propria lingua madre. Ci si illude di risolvere problemi lavorativi studiando solo l’inglese.
E’ un discorso applicabile soprattutto ai giovani, dagli 0 ai 25 anni.
Il linguaggio verbale è lo strumento del pensare, se mancano le parole per definire le proprie emozioni e sentimenti manca la possibilità di evoluzione. E’ indispensabile conoscere la linguistica per ben esprimere la tristezza, la rabbia, la gioai, la preoccupazione…Grazie alle parole è possibile creare un approccio semantico, che ci consenta di cogliere i proprie significati interni e quelli del mondo esterno.
Non ho dati statistici, ma temo che la percentuale sia almeno 2/3. La gente non sa leggere, né scrivere, e neanche far di conto
“si trattano di due cose ben diverse.“
Forse anche chi ha scritto dovrebbe frequentare un corso di aggiornamento in lingua italiana…
“È” non “E’”, specialmente se parliamo di italiano. La situazione è grammatica.