A seguito di atti di violenza di massa, come il recente attacco terroristico a Nizza, in Francia e Barcellona, in Spagna le persone rivivono spesso di flashback, incubi e ricordi spiacevoli. Questi sintomi sono un sottoprodotto degli attacchi terroristici. Gli attacchi terroristici, infatti, sono creati non solo per uccidere ma anche per produrre disperazione e diffondere paura tra le persone.
I ricercatori che hanno studiato gli effetti psicologici del terrorismo dicono che, atrocità di questo tipo possono influenzare il modo di pensare e di prendere decisioni, avendo effetti significativi sulla salute mentale dei soggetti.
“La gente alla fine accetta il fatto che si tratti di una cosa possibile e cerca di andare avanti nella vita perché non vi è altra alternativa”, afferma il Dr. Thomas Grieger, psicologo forense e capitano della Marina in pensione.
Immediatamente dopo l’attentato del 14 Luglio a Nizza, i cittadini e gli spettatori hanno reagito all’accaduto con sgomento ed orrore. Alcuni di loro, intervistati dai giornalisti, hanno dichiarato di non sentirsi al sicuro da nessuna parte. Ma, nei giorni successivi, migliaia di persone si sono recate verso il luogo dell’accaduto per partecipare alla cerimonia che ricordava le vittime.
Modelli di comportamento simili sono stati osservati, pochi mesi prima, quando diversi attacchi avevano colpito gli spazi pubblici a Parigi. Poco prima del verificarsi degli attacchi, uno studio aveva rilevato che i francesi classificavano il terrorismo come loro seconda paura dopo la disoccupazione. Eppure, una settimana dopo gli attacchi, i parigini sono intenzionalmente usciti per godersi la vita notturna, in quelli che alcuni hanno descritto come atti di sfida o di solidarietà.
“Queste sono persone che decidono di non far influenzare negativamente le loro vite dal terrorismo” dice il Dott. Arie Shalev, professore di psichiatria presso il Langone Medical Center della New York University.
Secondo l’APA (American Psychiatric Association) circa il 30% delle persone che sopravvivono ai disastri terroristici sviluppano un Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) entro un mese. E’ improbabile che le vittime possano dimenticare l’accaduto ma circa la metà di questi riesce a riprendersi entro i tre mesi. Altri portano avanti la loro sfida anche più di 10 anni.
Molte persone pensano alla loro vita sia cambiata per sempre. Rivivono l’esperienza attraverso i ricordi improvvisi e inquietanti, e quelli con Disturbo Post Traumatico da Stress persistente continuano a credere che qualcos’altro possa accadere da un momento all’altro.
Uno studio ha suggerito che, dopo gli attacchi dell’11 Settembre, il 15% degli intervistati che sono stati colpiti dall’attacco (alcuni erano direttamente nelle Torri Gemelle altri erano nelle vicinanze) soffrono di Disturbo Post Traumatico da Stress.
Gli esperti, inoltre, sottolineano che le informazioni che riceviamo del mondo circostante sono molto imprecise. Greger dice che ciò che la gente vede nei mezzi di comunicazione (TV, telegiornali, iPad…) ne altera la percezione della realtà, facendo loro credere che sono in pericolo molto più di quanto sia reale.
Vari studi dimostrano che le persone tendono ad un recupero più repentino della loro salute quando sentono di avere il controllo della loro situazione e quando sono circondati da una presenza sociale supportiva. Essi potrebbero reagire con rabbia o comprare un’arma, fare uso di droghe, alcool oppure rintanarsi nella fede religiosa o politica.
“Dobbiamo trovare un senso e prendere il controllo della nostra vita per andare avanti” dice Daniel Antonio, direttore di psichiatria forense presso la scuola Jacobs di Medicina e Scienze Biomediche presso l’Università di Buffalo.
I meccanismi di adattamento sono stati osservati in Israele, dove il terrore e la minaccia del terrore sono più immediati ma, si è rilevato che il paese non presenta gravi esiti di disagio psicologico. Uno studio del 2003 ha concluso che l’impatto psicologico è stato moderato, con un incidenza del PTSD al 9,4%.
Gli esperti ritengono che tutto questo avviene a causa delle modalità con cui una determinata comunità affronta le atrocità.
“Con l’accumulo di atti terroristici, si inizia a trovare modelli di comportamento che portano ad organizzare la propria vita intorno alla minaccia” afferma Shalev da New York. Le persone possono modificare il loro comportamento per sentirsi più sicuri, come ad esempio evitare alcuni quartieri o spazi pubblici. Anche nei luoghi del mondo dove la violenza è prevalente, dice Shalev, le persone creano un ” illusione di sicurezza anche quando quest’ultima non è garantita”.
Antonius da Buffalo riconosce che la paura e l’ansia nazionale permeano alcune comunità tanto da sembrare che gli attacchi in arrivo siano infiniti.
“In un certo senso si deve cambiare questo modus culturale o di pensare”.
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